domenica 18 novembre 2012

13 Novembre 2012

“RITORNO AD EL ALAMEIN”
           
In occasione  del 70° anniversario della gloriosa ma sfortunata battaglia di El Alamein la Prof. Myla Pasqualucci Mobilia terrà una relazione nell'aula magna dell’I.T.C. “Jaci” martedì 20  novembre alle 16,30.
        La cittadinanza è invitata ad intervenire.

venerdì 5 ottobre 2012

1 ottobre 2012

Il Preside dello “Jaci” Stazzone – collocato in pensione, si accomiato da noi


        Ill.ma Presidente,

Concludo il mio triennio jacino, soddisfatto per quanto questo nobile Scuola mi ha corrisposto nell’indirizzarLa verso il riappropriarsi della propria identità, delle proprie tradizioni e del retaggio “petroniano”.

Ho vivamente ringraziato tutte le Componenti scolastiche per come hanno generosamente condiviso la mia linea direttiva consentendomi quanto insieme abbiamo realizzato.

Non potrei congedarmi dall’Istituto senza dedicare un pensiero di commiato alla istituzione parallela “Amici dello Jaci”, che tanto supporta in concorso con la Scuola il nome di Antonio Maria Jaci e l’immagine della Scuola; dunque abbiatevi un saluto particolare e specifico e … “ad majora!”

Claudio S. Stazzone

martedì 24 luglio 2012


9 luglio 2012: Un grave lutto
PIPPO MAFALI
( g. d. d. ) - Un gravissimo lutto ha colpito la famiglia Mafali, la nostra Associazione, la città di Messina: Pippo Mafali, figlio del prof. Domenico, già docente emerito di inglese dello "Jaci" e notissimo operatore turistico dei gruppi anglosassoni in transito a Messina.
Nato a Messina nel 1963, Pippo aveva conseguito la maturità classica, aveva contemporaneamente iniziato la sua carriera musicale negli anni 70, facendosi le ossa in palcoscenici popolari e cantine, sulle orme del fratello maggiore Melo (il quale si trasferirà in Germania ed ivi risiederà per molti anni). Si applicò nel basso elettrico, passando alternativamente al contrabasso, strumento che lo vide impegnato al Conservatorio di Messina, ove si diplomò da allievo interno.
Il suo esordio ufficiale risale al 1979 con Daniele Piombi alla "Sei giorni di Vibo Valentia". Per vari anni fa parte del trio del pianista Giovanni Renzo. Nel 1987 si esibisce al Teatro " Vittorio Emanuele" di Messina, seguendo la piú genuina tradizione Jazz che risale a grandi artisti internazionali come John Coltrane, e a famosi jazzisti italiani come Gianluigi Trovesi e Palo Fresu. Nel 1994 partecipa alla realizzazione della prima edizione Messinese dell'opera "Jesus Christ Superstar".
Per 16 anni è stato professore d'orchestra al nostro "Vittorio Emanuele".
Sposato con Eliana Risicato, Pippo lascia due figli piccolissimi: Lorenzo (3 anni) e Irene (18 mesi).
Ai funerali, presenti migliaia di amici ed estimatori, i colleghi del "suo" teatro hanno voluto ricordarlo con musiche di Mozart, Beethoven, Verdi, ecc.
Pippo è morto a 49 anni. Alla moglie, ai figli, ai genitori, al fratello possiamo ricordare quel detto che è spesso presente sui sepolcri: Muor giovane colui che al cielo è caro

mercoledì 27 giugno 2012

(Anno XI    n° 2  del 15.06.2012)

Gli anni e la vita dell’uomo
Quo vadis,  Homo Sapiens?
Antonino Arcoraci (medico) 
______________

Pubblichiamo il riassunto della relazione esposta dal nostro socio,  pur non essendo d’accordo assolutamente con la teoria di Darwin: come mai, allora, la scimmia esiste ancora? Ciononostante, sollecitiamo scienziati e persone competenti a rispondere  al problema, che si è affacciato solo ai nostri giorni,  tempo di sventure ed affanni infiniti… 

“Non sono le specie più forti a sopravvivere, né le più intelligenti, ma sono quelle che riescono a rispondere con maggiore prontezza ai cambiamenti” Queste sono le parole di Charles Darwin a spiegazione del perché l’uomo vive tanto e si adatta ai tempi e aggiunge: Il progresso è stato molto  più generale del regresso.
La selezione ha consentito a tutte le specie, anche se con differenza fra le singole, di riprodursi e di adattarsi all’ambiente all’ambiente. . Per ogni specie ha fissato il tempo necessario per raggiungere la capacità riproduttiva e, una volta ottenuta,  in ragione delle selezione darwiniana,l’ha lasciata a se stessa, frutto del caos, a soggiacere ai fenomeni disgregatori legati all’ambiente in cui vive e degenerativi dovuti al suo metabolismo. Noi, come uomini,. Siamo una specie per il 99% della sua esistenza, in ragione del suo DNA, si è allineata su una vita media di 2-3 decenni. Tale era all’età della pietra, ai tempi del legionario romano e tale è ai nostri giorni. Nnha modificato il suo patrimonio genetico, quindi mal si adatta alla vita che ogi ha quadruplicato ka sua durata.
Negli ultimi 100 anni la vita media si è allungata, quasi raddoppiata passando dai 47 anni di prima, agli attuali 80. Negli ultimi 40 il guadagno è stato di 10 anni, cioè 3 mesi ogni ano. Questo per le migliorate condizioni igieniche e ambientali, per la migliorata disponibilità di alimenti,per le cifre mediche e chirurgiche,per la quasi scomparsa dei lavori logoranti. L’età massima cresce al ritmo di un  anno ogni decenni e quella finora raggiunta e documentata è di 126 anni e 3 mesi, di J. Calment,una francese.
Esempi di longevità ce ne sono stati anche anche in passato,ma oggi sono sempfe più frequenti con differenze tra i vari paesi dovute all’ambiente in cui si vive. E’ più facile per chi usa un’alimentazione  base di pesce ricco di Omega 3 e 6 capace di prevenire le malattie degenerative. L’allungamento  della vita media e la sempre maggiore presenza di ultra 80enni, non si è accompagnata però a migliorare la qualità della vita. Non si è arrestato ilpfrocesso dell’invecchiamento se ne conosce però la causa che si giustifica con l’aumento dei radicali liberi, molecole di ossigeno elettricamente  cariche, prodotte dalla ossidazione incompleta del glucosio. Non si è riusciti ancora a eliminarli. La loro presenza è continua, espressione di un processo metabolico capace di produrre energia, ma lesiva sui mitocondri fino a provocare il progressivo indebolimento muscolare che accompagna l’invecchiamento sulla membrana cellulare fino a provocare diabete, Alzheimer e Parkinson, sull’ossidazione dei grassi con formazione di placche endoteliali nelle arterie, sul DNA, fino a provocare mutazioni capaci di generare il cancro.
L’organismo si difende,produce spontaneamente e continuamente antiossidanti, ma non sempre l’effetto è completo. Introduce vitamine A ed E con la verdura e la frutta, beve tè verde, mira al peso ideale, pratica esercizio, evita tabacco, alcool e droghe. Usa Melatonina e altri farmaci specifici,ma rimane ancora a quanto riferito nella leggenda di Titone: Titone principe troiano, bellissimo e giovane, ha fatto invaghire di sé Eos, dea dell’aurora, ch per averlo sempre con sé chiese ed ottenne da Giove il dono della sua immortalità. Titone immortale, rimase soggetto all’invecchiamento e invecchiando è diventati poco attraente, tanto che Eos l’ha ripudiato. Con la vecchiaia Titone ha sofferto dei mali della vecchiaia!
Nei secoli, non è migliorato il patrimonio genetico  la vecchiaia resta ancora “male sommo”, la “madre di tutte le malattie”. Perché – dice Leopardi – priva l’uomo di tutti i piaceri lasciandogli gli appetiti.
L’uomo dell’ultimo secolo con la tecnica del DNA ricombinante, con l’ingegneria genetica ha dato una svolta alla farmacologia, ha fatto sviluppare le aziende biotech ad altissima qualità tecnologica che aiutano alla manipolazione dei geni. E’ riuscito ad individuare errori genetici          base di patologie, ha costruito la mappa genica individuale e con la genomica mira ad agire sul DNA, intanto per curare le malattie, per fare prevenzione, aumentare i poteri di difesa, rallentare l’iter delle malattie stesse. E’ anche riuscito a trapiantare gli organi, a usare le cellule staminali per produrre o aiutare la riproduzione di tessuti o interi organi. Ha clonato la pecora Dolly, ha realizzato quanto prima era prura fantascienza. Non è riuscito però a vincere la vecchiaia!
Sono tuttavia tanti risultati positivi frutto di sperimentazioni non sempre eticamente accettate e le prospettive future  sono edificanti e ambite. . Lavorando sui  geni è possibile correggere i difetti del DNA e curare le malattie geneticamente motivate. Si prospettano  ampie possibilità nella cura di alcuni tumori. A fronte di  queste innovazioni, l’uomo subisce l’affronto  dei danni dell’ambiente in cui vive e che egli stesso, direttamente o indirettamente, ha procurato. Ha cambiato le sue abitudini di vita, ha abusato con l’alimentazione, la sedentarietà, diventando vittima del sistema che lo rende “uomo modificato”. L’obesità è lo spettro delle popolazioni industrializzate e con essa aumentano le malattie cardio-vascolari e i tumori. Ha dato più anni alla vita, ma non è riuscito a dar migliore qualità di vita.
Dove porterà tutto questo? Certamente ad un uomo metabolicamente compromesso. Longevo  ma non preparato a questa aspettativa di vita. L’invecchiamento della popolazione inciderà fortemente sul piano demografico e socio-economico.
L’accanirsi sulle nuove tecnologie per consolidare il benessere e promuovere qualità di vita,  dice Giuseppe Ruggeri porterà al rischio di rendere l’uomo non più “protagonista”,ma  “oggetto” del progresso di cui egli stesso è artefice. A fargli perdere dignità e sminuirlo nel suo valore.
L’uomo non è semplice agglomerato di materia e spirito. E’ il pilastro su cui poggia l’evoluzione,la chiave di  lettura dell’universo che lo porta al’indiscusso compito di riassumere in sé tutto il peso delle culture  che nei secoli lo hanno spinto a migliorarsi, ad acquistare una identità capace di farlo distinguere dal resto del creato, Forse non deve spingere troppo, non deve andar oltre i limiti della sua dimensione, dell’etica non solo nel senso cattolico. Pindaro  ha detto: “non desiderare, anima mia, la vita degli immortali, ma godi a fondo i beni alla tua portata”.
Se l’uomo moderno non lo farà, ripetendo le parole di Dario Fo “un mattino si sveglierà e non funzionerà più niente, all’improvviso il denaro non servirà più a niente e a salvarlo saranno i pària di sempre, quelli che non hanno conosciuto il progresso, insomma i primitivi.

martedì 12 giugno 2012

MAGGIO 2012

 IL LIBRO: la scelta intelligente

Il 9 maggio, nell’aula magna dello “Jaci”, alla presenza di un folto pubblico, sono stati premiati sei nuovi ragionieri, che si sono diplomati nella scorsa sessione di esami col massimo dei voti. Il concorso, ideato dal fondatore dell’Associazione Lillo Petrone, è alla sua XVIII edizione e si propone di esortare i giovani di oggi a tornare alla lettura: la coltura non si può formare senza l’ausilio del libro, solo con la TV, internet, ecc. I giovani premiati riceveranno un buono libro di € 150 spendibile presso la libreria Bonanzinga  (via dei Mille, angolo XXVII Luglio)  e la tessera di soci onorari per l’anno in corso. Ecco i nomi dei premiati: DE SALVO GIUSEPPINA, GALLETTA MARIKA, INSOLLITTO DEBORAH, RESTUCCIA TINDARA, ROMEO PAOLA, SCHIFINO GIUSEPPA.
VIAGGIO IN CROAZIA E BOSNIA

Organizzato da “Iniziativa Viaggi”, agenzia che da anni collabora col nostro Club per viaggi internazionali, ha avuto luogo una splendida escursione in Croazia e Bosnia. Partita il 22 maggio in pullman da Messina, la comitiva si è diretta a Bari, dove si è imbarcata sul battello per Dubrovnik. Sono stati visitati i centri di Medugorje (con sosta nel famoso santuario), Mostar, Serajevo, Spalato, Selenico, Split, Zara, Trogir. Il 30 maggio la comitiva da Trogir è tornata in patria, ad Ancona. Nella serata del 31 maggio il gruppo è rientrato a Messina.   

venerdì 23 marzo 2012

(Anno XI    n° 1  del 15.03.2012)

Il centenario di Pascoli.

Gli anni messinesi del grande poeta. Il parallelismo con Dickens

di Giuseppe  Di Giacomo




Ricorre quest’anno un anniversario importante per la storia della letteratura del nostro Paese: il centenario della morte di Giovanni Pascoli, uno dei nostri maggiori poeti del Novecento (morì a Bologna il 6 aprile 1912 di cirrosi epatica, all’età di 57 anni). Per singolare coincidenza, nello stesso anno si celebra anche un altro interessante anniversario, il bicentenario della nascita di Charles Dickens, il più amato e popolare scrittore inglese, secondo per fama ed importanza solo a Shakespeare (è nato a Portsmouth il 7 febbraio 1812, morì a Rochester il 9 giugno 1870, all’età di 58 anni).

Due personalità certamente diverse ma che presentano sorprendenti analogie. Entrambi sono, infatti, legati da un comune filo di sofferenza e inquietudine a motivo delle dolorose vicende vissute nell’infanzia e nell’adolescenza, che incisero fortemente sulla loro sensibilità e che costituiscono la base stessa delle loro opere.

Pascoli nacque in S.Mauro di Romagna (oggi S.Mauro Pascoli) il 31.12.1855. La tragica morte del padre, ucciso a tradimento da uno sconosciuto mentre “tornava al suo nido” da una fiera, quando il poeta aveva 12 anni (tragedia evocata nella celebre e drammatica poesia La cavalla storna e in X Agosto), e altri lutti familiari successivi, influirono sul temperamento sensibilissimo di lui, gettando un’ombra di tristezza su tutta la sua vita.
Giovanni studiò nel Collegio degli Scolopi a Urbino; poi frequentò l’Università di Bologna dove ascoltava con fervore le lezioni di Giosuè Carducci, che prediligeva quel discepolo predestinato al dolore e alla gloria (gli succederà dal 1907 al 1912, anno della sua morte). Dopo crisi economiche e peripezie politiche, prese finalmente la laurea e iniziò quindi l’insegnamento, spostandosi in mezza Italia. Fu a Matera, Massa, Livorno, Bologna, Messina e Pisa.
Anche Dickens trascorse un’infanzia misera e infelice e anche lui, a 12 anni, rimase vittima di un’esperienza traumatica che lo segnò per tutta la vita: il padre, John, fu arrestato per debiti e richiuso- insieme con la famiglia, come si usava allora- nella prigione di Marshalsea, a Londra. Charles conobbe la povertà e la fatica che abbrutisce. Seppe narrare con arte raffinata ed incisiva le sue peripezie giovanili, seppur trasfigurate, in David Copperfield (1850), Oliver Twist  (1838) e in La Piccola Dorrit (1857). Come in Pascoli, le fatiche vissute da bambino gli hanno affinato le sue eccezionali capacità di osservare e raccontare l’infanzia come pochi altri scrittori hanno saputo fare.
Pascoli è il poeta amato che ci ha accompagnato negli studi fin dall’adolescenza. Chi non ricorda le celebri poesie La quercia caduta, Arano, La Piccozza, I due fanciulli, Pioggia, X Agosto, L’aquilone, Valentino vestito di nuovo e tantissime altre liriche intrise di emozioni, dense di suggestioni e anche di saggezza. Egli cantò, infatti, la natura in tutte le sue manifestazioni più vere e schiette, cantò la patria, la fraternità, la bontà umana, la nostalgia e l’anelito verso un mondo migliore, fatto di sogni e di amore.
Una delle tappe fondamentali della vita e dell’opera di Pascoli fu il soggiorno a Messina.Vi giunse nel gennaio 1898 per restarvi fino a tutto il 1902 (un quinquennio di intensa attività e creatività, durante il quale pubblica I Primi Poemetti e I canti di Castelvecchio).
Con Decreto Regio del 29 ottobre 1897 aveva ottenuto, infatti, la nomina a professore ordinario “per meriti speciali” (secondo la Legge Casati) di Letteratura Latina presso la Facoltà di Lettere dell’Università, che prevedeva uno stipendio annuo di cinquemila lire.  Gli fu anche conferito l’insegnamento di Grammatica latina e greca nella Scuola di Magistero, oltre al Corso libero di conferenze dantesche per l’anno accademico 1900-1901. L’Università lo accolse con grande onore, tanto che il rettore Oliva manifestò “la somma ventura di avere, nel suo Ateneo, il professore Giovanni Pascoli”.
Giunse a Messina con la sorella Maria (Mariù) e il cane Gulì. Il 25 gennaio 1898 Maria scriveva alla sorella Ida: “Dunque siamo a Messina, città che per molte cose ricorda Livorno, ma non per la nettezza delle strade e per la lingua. Io non capisco niente di quello che dicono questi messinesi”. Per i primi sei mesi trovano casa al n. 66 di via Legnano (incrocio corso Garibaldi), nei pressi di via delle Concerie (oggi via E.G.Boner), una zona poco felice allora per la presenza di fornaci e concerie che sprigionavano giorno e notte fumi e odori sgradevoli. Qui l’amata e premurosa sorella accudiva il fratello, curandolo quando necessario, come quando Giovanni contrasse il tifo a marzo, dopo aver mangiato cozze crude ai Laghi di Ganzirri, come ben evocato nella poesia La mia malattia (Canti di Castelvecchio), dove scrive: “L’altr’ anno ero malato, ero lontano, a Messina: col tifo. All’improvviso udivo spesso camminar pian piano, a piedi scalzi. Era Maria, col viso tutt’ombra, dove un mio levar di ciglia gettava sempre un lampo di sorriso”.
Dalle lettere di Maria di questo periodo si rileva che il poeta ebbe diverse ricadute di tifo, ma- a suo dire- senza intaccare il fisico, che si sarebbe dimostrato forte. Si vedrà in seguito, invece, che il suo organismo ne risentì molto, con esiti che andavano dai tremori fisici a disturbi psichici vari e con conseguenze sul suo equilibrio psico-fisico generale. Per tale accidente Maria, scrivendo a Ida, manifestava “odio” per la città, “dal suo bel cielo sempre nuvolo e l’aria che puzza di conceria e di gas”.
Dopo la partenza della sorella, il poeta andava ad abitare in un appartamento nel Palazzo Sturiale di Piazza Risorgimento, in centro città. “L’alloggio è moderno, abbastanza vasto e sicuro, i mobili vi fanno una figura straordinaria, specialmente dopo le innovazioni che faremo io e te”, scriveva a Mariù il 19 ottobre 1898. La nuova casa gli dava un maggior senso di sicurezza, la struttura gli appariva robusta e rassicurante. E vide giusto, dato che la casa resisterà al disastroso sisma del 1908, insieme al servizievole portinaio Giovanni Sgroi (“guercio, zoppo e piccolo”), definito dal poeta “aborto di Polifemo”.
Nonostante il miglioramento della situazione abitativa, un certo malessere- dovuto a cause ambientali e accessi di nostalgia- serpeggiava nella sua mente. Il 14 giugno 1900, scrivendo al suo amico Luigi Pietrobono, si lamentava del clima, manifestando anche sofferenza interiore: “Che caldo!, Che afa! Che polvere! Che struggimento! Quanto sono lontano! Come sono solo! Non ne posso più”. E per mitigare il disagio della solitudine il poeta si dedica al vino, alle “botticelle di Messina” di marsala, precipitando così gradualmente nel vortice dell’alcolismo. Ma nell’aprile 1901 i toni cambiano: “Io sono qua, e sono quasi allegro. Devo fare un nuovo volume dantesco e correggere per la 2° edizione le mie due antologie”. Sarà un editore messinese, Vincenzo Muglia, a pubblicare gli ultimi due volumi della sua triologia di studi danteschi. Nel 1902 Muglia pubblica una importante raccolta- in edizione definitiva- di dodici saggi del poeta, Miei pensieri di varia umanità, tra cui Il Fanciullino, il manifesto  poetico pascoliano che lo renderà famoso ed in cui enuncia la sua visione del mondo, la riscoperta dell’infanzia, la necessità che il poeta si ponga come un “fanciullino” di fronte alla realtà per poter cogliere con la massima immediatezza la poesia delle cose.
A Messina pubblica la seconda raccolta di poesie, dopo Myricae; I Primi poemetti. E a Messina nasceva una delle più belle e popolari poesie pascoliane, L’Aquilone, il suo canto prediletto (“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”…): lirica del 1900 inserita in  Primi Poemetti, in cui il passato della sua infanzia trascorsa al Collegio di Urbino (dal 1862 al 1871) in mezzo ai campi di viole e “l’aria celestina” che avvolgevano il Convento dei Cappuccini, sul monte della Versa ( risalente al XIV secolo, e il cui tetto è parzialmente crollato sotto il peso della neve lo scorso febbraio). La studiosa Anna De Simone osserva come la lirica nasca dalla contaminazione modernissima di due piani temporali: il presente che si dilata per uno scambio delle parti con il passato, l’altrove, che riaffiora improvviso nella luce di una precoce primavera siciliana attraverso un gioco di corrispondenze sensoriali. Anche i “dolci suoni di chiesa” de Le ciaramelle trovano ispirazione nelle nenie degli zampognari particolarmente attivi a Messina nel periodo natalizio. E durante il soggiorno messinese prendono forma “I Canti di Castelvecchio” (dove sono presenti alcune poesie scritte a Messina come Gelsomino notturno, L’ora di Barga,La piccozza…)., che saranno pubblicati nel 1903 quando già insegnava all’università di Pisa,  mentre continuano i suoi successi di poeta latino, vincendo spesso il primo premio nel concorso internazionale di Amsterdam. A Messina il poeta compose anche altre liriche, testi danteschi, saggi storici e varie piccole opere (Il vecchio castagno, l’Accestire…), a cui si aggiungono le iscrizioni in latino in memoria degli scienziati Malpighi e Borelli, poste nell’Università.
Tra voci e documenti relativi al suo soggiorno messinese, si scopre anche l’esistenza di una presunta love-story del poeta con una sua allieva, di cui esiste memoria in città. Si tratta della sua giovane e bella studentessa Giovanna Perroni Marcianti, che abitava proprio di fronte ala sua casa, e che su “Il Mondo” del 6 ottobre 1959 confermava tale circostanza, ricordando il gioco di sguardi e di attenzioni che egli le rivolgeva durante le lezioni. Ma si trattò solo di un innamoramento platonico che non  ebbe alcun seguito, sia per la notevole  differenza di età tra i due sia per la particolare vocazione al celibato che lo caratterizzò sempre. Il periodo messinese è legato anche ad un intenso impegno civile e patriottico, con conferenze di carattere sociale, politico, civile ed etico-religioso. Ricordiamo solo due eventi. Un inno che Pascoli compose in occasione dell’inaugurazione del monumento alla Batteria Masotto (1899), alla presenza del Duca d’Aosta. E la lapide scritta in occasione del cinquantenario della battaglia di Milazzo tra garibaldini e i Borbone avvenuta il 20 luglio 1860, e posta sul ponte di Milazzo.
A Messina Pascoli godette dell’amicizia e della solidarietà di tanti amici e colleghi, che crearono attorno a lui un clima amichevole e accogliente, in grado di fargli superare la innata ritrosia e timidezza. Tra questi ricordiamo: il “cordialissimo” Vittorio Cian, insigne critico e storico della letteratura italiana, che lo aiuterà in seguito a farlo nominare all’Università di Pisa dal 1903 al 1907, allorché passò all’Università di Bologna per succedere al Carducci nella cattedra di letteratura Italiana. E poi anche Giovanni Noè, deputato socialista, noto per aver fondato i “Fasci” di Messina insieme a Petrina; il figlio del poeta Tomasso Cannizzaro, il diplomatico Franz Cannizzaro; l’italianista Dino Provenzal; l’insigne grecista Alessandro Michelangeli e il latinista Antonio Restori, rettore del Convitto Dante Alighieri.Un suo grande amico e conterraneo (forlivese) fu anche il filologo Manara Valgimigli,anche lui allievo di Carducci, che aveva ottenuto la cattedra di latino e greco al Convitto Dante Alighieri e poi al Liceo Maurolico proprio per interessamento del poeta. “Debbo a lui il mio primo pane guadagnato”, ricorderà con gratitudine. Spesso i due andavano a passeggiare in riva al mare, nella zona di Maregrosso (certamente in condizioni migliori rispetto al degrado di oggi!). Godette anche dell’amicizia “affettuosa e inalterata” dello scrittore, poeta e italianista G.A Cesareo, a cui lo legava anche una “concordanza segreta del sentimento sociale e umano”.
Tra gli allievi più noti di Pascoli ricordiamo il canonico Salvatore de Lorenzo Minutoli (1874-1921), distintosi nell’opera di carità e assistenza a favore degli orfani del Terremoto del 1908 e autore dell’unica tesi di laurea di cui fu relatore il poeta romagnolo, dedicata alla poetica virgiliana (che verrà presto pubblicata); poi Federico Rampolla del Tindaro (1855-1934), studioso del Meli, apprezzato docente di lettere italiane nell’Istituto tecnico “Jaci”, nella stessa classe che aveva come allievi futuri personaggi destinati a grande fama, come Salvatore Quasimodo, futuro Premio Nobel, il grande giurista e umanista Salvatore Pugliatti, poi rettore dell’Università; Giorgio La Pira, il sindaco “santo” di Firenze, e infine Giuseppe Rizzo Tarauletti, docente di latino e greco al Liceo Maurolico e in seguito alla Facoltà di Lettere dell’Università nei corsi del Pascoli. Il periodo messinese si chiude di fatto nel novembre del 1902, quando il poeta ottiene dall’Università un congedo di due mesi, che sarà rinnovato, fino al trasferimento all’Università di Pisa, dove insegnò dal 1903 al 1905, e in seguito a Bologna, nella cattedra di Carducci. Il grande poeta fu sepolto a Castelvecchio di Barga (oggi Castelvecchio Pascoli), comune di Lucca, il suo adorato luogo di “desiderio e struggimento”, dove amava trascorrere felici periodi di spensierato riposo.Tracce tangibili della sua presenza a Messina sono: una via adiacente a via Cannizzaro, un busto dello scultore Tore Calabrò, posto nel corridoio del rettorato dell’Università, una targa commemorativa posta a fianco del Palazzo Sturiale e una lapide sul palazzo di via Legnano e una scuola media di antica istituzione.
Giuseppe Di Giacomo

domenica 5 febbraio 2012

Serio e faceto in psicologia


DIVENTA DEPRESSO IN 10 MOSSE!

Premessa: Il seguente brano è un piccolo "scherzo" fondato in realtà su studi e ricerche decennali molto serie, di psicologie scienziati ben più autorevoli di me, tra l'altro di scuole anche molto diverse tra loro, da quella cognitiva comportamentale a quella relazionale sistemica e costruttivista, a quella umanistica, fenomenologica, ecc. Come apparirà chiaro a chi lo conosce, quello a cui sono completamente in debito da un punto di visto stilistico è certamente Watzlavick, ai cui scritti rimando.
Al contrario, tutto ciò è ovviamente agli antipodi di ogni approccio biologista, organicistico, riduzionista, genetico, farmacologico, psichiatrico. ,Anche per questo sono perfettamente consapevole che sarò attaccato di minimizzare o di scherzare sulla depressione, di banalizzare, ridicolizzare, ecc. Ma questo, lungi dal preoccuparmi, al contrario mi lusinga. Costoro infatti, sono i primi strenui fedeli e applicatori del mio decalogo!

1.       Poniti sempre degli obiettivi irraggiungibili, in ogni campo: lavorativo, sentimentale, materiale, spirituale, ecc. E resta totalmente scontento e insoddisfatto di te anche se dovessi raggiungerli al 99%. ottimo anche aspettarsi da tutti gli altri simili risultati, che non essendo mai raggiunti dimostreranno lo scarso valore di chi ti sta intorno.

2.      Concentrati sempre su tutti i tuoi fallimenti, non su ciò in cui sei riuscito nelle cose che hai raggiunto. Rimugina sempre sui tuoi fallimenti sentimentali, lavorativi, economici, esistenziali. (L’ordine in cui metterli dipende dal sesso, dal carattere, dalla personalità: naturalmente pensa prima a quelli che ti fanno soffrire di  più, e  poi via via  agli  altri). Ancora, concentrati su tutto ciò che non hai e che ti manca, non su quello che hai. Sia per quanto riguarda il denaro, sia circa i beni materiali, successi, ecc.

3.      Convinciti che ormai sei irrimediabilmente vittima del passato.
Le cause che ti hanno rovinato possono essere le più svariate: genitori, nonni, zii e zie, insegnanti, vicini di casa cattivi, oppure gli astri, il  patrimonio genetico… tutto va bene, a una condizione: che tu non  possa più intervenire!

4.      Ne segue un’altra regola fondamentale ad essa simile ma non dei tutto sovrapponibile, non far nulla per cambiare le cose! ormai tutto è andato, non puoi far nulla per migliorare. Chiunque ti dica il contrario si tratta di amici/che, compagno/a, psicologi/che, medici, ecc... ti stanno solo prendendo in giro, per cui diffidane e stanne lontano li più possibile.

5.              Convinciti che qualunque altra scelta tu avessi fatto nel passato sarebbe stata 
migliore, e che saresti stato/a molto più felice: se fosse stato/a con un altra donna (o uomo), se avessi fatto un altro lavoro,  un'altra scuola, università, se avessi vissuto in un'altra città, in un'altra nazione, se avessi avuto altri amici, ecc. Qualunque scelta del passato è stata sbagliata, e facendo diversamente oggi non soffriresti così.

6.              Prevedi sempre il peggio che  possa capitare, a breve e a lungo termine: furti, incidenti, in casa, per la strada e al lavoro. Puoi anche aggiungere attentati terroristici, meteoriti, guerre convenzionali, nucleari o batteriologiche, per non parlare delle malattie ed epidemie sempre pronte a ucciderti. Per questo vivi il più protetto possibile, e passa la vita a rare controlli medici, a vaccinarti, e a fare scorte di medicinali. Ottimo anche credere che il preoccuparsi di queste cose sia effettivamente utile a scongiurarle, anche se qui, a onor del vero, sconfiniamo nel campo dell'ossessione...
7.              Convinciti che tutti vogliono il tuo male, o, perlomeno, che nessuno ti vuole bene.  O almeno che nessuno ti aiuterà mai. Ciò accade perché tutti tutti gli altri sono profondamente e intrinsecamente malvagi/e O anche se volessero aiutarti, non sono in grado.
8.              Ma soprattutto, anche tu sei profondamente immeritevole e indegno d’amore! Perché dovrebbero aiutarti? maggior ragione diffida di chi dice di amarti. Infatti, o t'inganna, (tu come puoi meritare amore?) oppure, se ti ama veramente, peggio ancora: Come puoi amare uno/a che ama te? (W. Allen) se riesci a convincerti di entrambe le cose (malvagità altrui e indegnità tua), è meglio!
9.              Dai credito a chi  ti etichetta come depresso e quindi malato. Più grave è la diagnosi, meglio è! Quindi prendi più psicofarmaci  possibili, in minor tempo possibile, mescolali, sovrapponili con alcool e altri farmaci; assuefate, diventane dipendente il più possibile, fino a che, oltre ai gravi effetti collaterali che presto scoprirai (fisici e psichici), ti accorgerai che nulla più migliora la tua depressione. Questo confermerà la gravità del tuo stato. Neppure i più grossi professionisti di grido, siano essi psichiatri o psicoanalisti, per i quali hai speso tutti i tuoi risparmi, sono riusciti ad aiutarti. Neppure i farmaci più potenti per i malati più gravi hanno sortito effetto! Non c’è proprio più nulla da fare! (Vedi punto 4)
10.        Non far nulla di ciò che ti piace, si tratti di nuotare, ridere, mangiare, viaggiare, baciare e far l'amore, andare in bicicletta,  fare sport, andare in montagna o in campagna o più semplicemente in un parco, stare con gli/le amici/che, col compagno/a o con i/le figli/e. Se ti sentissi anche un pachino meglio per ognuna di queste cose, per un solo momento, sarebbe solo una illusione che ti lascerebbe presto ancora più sconsolato di prima, dunque va evitata. Ricorda ancora: non  puoi  far nulla per cambiare le cose!
Autore: brunodedomenico@yahoo.it psicologo e psicoterapeuta